#35 Hai paura della tua rabbia?
n.13 "Conversation": parlo di "rabbia" con Romina Di Gennaro.
Ciao,
💥 Sto pensando che dovrei crearmi un piccolo rituale d’ingresso per questa newsletter. Per evitare ogni volta di arrovellarmi su come iniziare in modo intrigante.
Ad esempio, questa newsletter che seguo e mi piace molto, ha un’apertura fissa, sempre uguale e ammetto che quella ripetizione ha qualcosa di rassicurante.
🛟 Facciamo così: aiutami tu! Scrivimi nei commenti una formula o un rituale che ti piacerebbe aprisse “People, like me”:
Ps. A questa newsletter serviva una colonna sonora. Eccola qui!
Oggi parlo di te. E di me. Della rabbia che hai accumulato negli anni, giù in fondo, nella pancia.
(userò il femminile, ma parlo a tutti).
So come ti sei sentita. Schiacciata, contratta. Avresti voluto dire “Basta!” molte volte, ma la paura ti ha bloccata.
Ora quasi non ci pensi più. Ma ignorare quel fastidio non significa che si è risolto. Se non lo riconosci, se non gli dai un nome, resta lì. A volte si fa sentire con un tonfo sordo, altre ti esplode in mano quando meno te lo aspetti.
L’ospite di oggi mi ha raccontato come vede la sua rabbia allo specchio:
«Quando provi rabbia, tu pensi di essere all’attacco ma in realtà sei in difesa. La tua mente non lo sa ma il tuo corpo sì».
Questa newsletter arriva a 161 persone, +17 rispetto all’ultimo numero. Suggeriscila a un/a amico/a per far crescere il progetto.
La 13esima ospite è Romina Di Gennaro: se c’è un orizzonte, lei ci sta già camminando sopra.
Romina ha energia, sorriso e una storia fatta di cambiamenti. Ha cambiato molti lavori e ha cambiato se stessa. Oggi porta avanti (insieme a lei) un progetto che si chiama “Ritmo nei passi”: un percorso di 21 giorni per ricostruire il proprio equilibrio.
Il rapporto di Romina con la rabbia è difficile da incasellare. Potrei dire che si arrabbia poco, ma sarebbe una banale semplificazione. Non ha certezze da impartire, solo una faticosa ricerca di equilibrio. E questo mi ha intrigato.
Prima di registrare la conversation, mi ha scritto:
«Io senza rabbia sto bene. Ma la rabbia ci serve».
È tutto qui, il paradosso. La rabbia la eviti, la domi, la neghi. Ma senza, qualcosa dentro di te si spegne.
Prima di procedere nella lettura, ribadisco un principio di questa newsletter. Non nasce per insegnare o dispensare lezioni di vita del tipo:
“Ti dico io cosa fare per…”
“Se vuoi cambiare la tua vita, fai così…”
È uno spazio di condivisione con il filtro del suo autore (io). E poi per gli insegnamenti veri ci vogliono maestri. E ne ho trovato una definizione perfetta in questo libro:
“Questa nozione di maestro, così comune in Oriente non è praticamente afferrata in Occidente. Non evoca niente di preciso, il suo contenuto è molto vago, per non dire sospetto. […] La funzione di maestro non si limita all’insegnamento delle dottrine, ma significa una vera incarnazione della conoscenza, grazie alla quale il maestro può provocare un risveglio e, per la sua stessa presenza, aiutare l’allievo nella sua ricerca”.
Io e Romina abbiamo una cosa in comune: da bambini (e adolescenti) la rabbia non si esprimeva. Punto. Era meglio ingoiarla, con l’idea che trattenere fosse un dovere, che fosse la cosa giusta da fare.
Ma la rabbia non evapora. Resta lì. Ti cresce dentro come una radice aggrovigliata, ti si piazza nello stomaco, nei muscoli, nei pensieri. A me è successo così. Anni di rabbia inespressa hanno scavato dentro fino a diventare un malessere vero, qualcosa che ho dovuto affrontare pezzo per pezzo, per provare a scioglierlo.
Penso agli anni delle scuole medie, dove ho incassato tanto e non mi sono mai dato il permesso di reagire. Così ho finito per convincermi che “io so incassare”. Come se fosse un talento destinato a pochi.
Ci ho messo e ci sto mettendo anni per smontare questa convinzione.
E Romina invece?
Guarda la chiacchierata con Romina:
Cosa mi porto a casa da questa chiacchierata con Romina?
👉 Trova degli spifferi. La rabbia, se la chiudi dentro, fermenta. Se la lasci scorrere, diventa qualcos'altro. Romina dice che servono canali di sfogo, fessure da cui farla uscire. Ad esempio, a lei ha aiutato moltissimo il teatro:
«Una volta, quando entravo in una stanza, strisciavo sui muri. Oggi cerco la luce.»
👉 Impara a dire NO. A parer mio, saper dire NO è più importante di amare. Perché senza NO, non esisti. I NO definiscono il tuo spazio, i tuoi confini. Segnano il perimetro di chi sei e di chi vuoi essere. Un NO detto bene è una dichiarazione d’identità. È il cartello “non si oltrepassa” piantato nel terreno della tua vita. Chi non sa dire NO, si lascia calpestare. Chi ne dice troppi, si isola. Serve equilibrio: pochi NO ma chiari e precisi. E non basta dirli. Devono sentirsi nella voce, nelle pause, nello sguardo. Devono lasciare zero margine di trattativa. Non è una questione di durezza, ma di riconoscibilità. Se non sai dire NO, il mondo non saprà mai davvero chi sei.
«Le persone hanno paura della propria rabbia perché hanno paura dei propri limiti.»
👉 La rabbia ha un corpo. Non scompare nel nulla. Se non trova una via d’uscita, si sedimenta. Si infila nelle spalle tese, nello stomaco contratto, nella mascella serrata. Giorno dopo giorno, goccia dopo goccia, il corpo la incassa e la conserva. Se non la fai uscire, ti si chiude addosso. Diventa rigidità, tensione, apnea. E poi, un giorno, esplodi. E non sai nemmeno perché. Ma la domanda giusta non è “Perché ho perso il controllo?” La domanda giusta è:
«Quanto hai dovuto accumulare per esplodere in quel modo?»
👉 La rabbia è sempre tua? Spesso no. È un riflesso di quello che hai visto da bambino, dei messaggi che ti hanno ripetuto. "Reagisci!" oppure "Stai in silenzio!". La tua rabbia è davvero tua o l’hai ereditata?
«Io ho molta paura della rabbia degli altri: sia quella repressa che sento nel loro corpo, sia quella che mi arriva addosso come espressione».
👉 Rabbia e figli. Anche in questo caso, trovare un equilibrio è il nodo centrale. Non dare mai spazio alla rabbia non aiuta per niente. Io sono uno che ha pazienza. Ma se non mi arrabbio mai, se non metto un limite, non sto dando un confine a mia figlia. E senza confini, niente contenimento.
👉 Rabbia e social. Qui si gioca proprio un altro campionato. Senza tono di voce, senza fisicità, senza pause, i social trasformano la rabbia in una macchina da guerra. Il problema non sono i social, siamo noi che non sappiamo più quando uno strumento è inadatto a comunicare.
👉 La rabbia e la giustizia sociale. La rabbia ha anche un ruolo politico molto importante. Se nessuno si fosse mai incazzato, molti diritti non sarebbero mai stati conquistati. Penso a tante forme di rivolte e rivoluzioni, ma più di tutti non riesco a non pensare a Gramsci che diceva: “Odio gli indifferenti”. La rabbia è il campanello d’allarme contro l’omologazione, la prevaricazione e le dittature.
“Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.”
A. Gramsci - 1917
Grazie a “People, like me” ho aperto un canale YouTube e Spotify:
🔍 RISORSE
Ecco le risorse proposte per te da Romina:
Camminare. Un passo dopo l'altro il corpo si risveglia, i sensi si acuiscono, la mente si placa e la strada diventa maestra. Un libro stupendo sul camminare;
Figli della borghesia. Ascolto “figli della borghesia” quando non provo rabbia per qualcosa di specifico, ma sento che dentro di me c'è un po' di caos negativo da sistemare. Quando sento che non sto andando nella direzione giusta e la frustrazione mi raggiunge. In più, urlare insieme alla voce stracciata di Brunori mi libera totalmente;
Vince chi molla. Indurirti ti farà sgretolare prima o poi. Si diventa aridi e dove non c'è acqua non c'è vita. Mollare, arrendersi, perdere per vincere. Molla il corpo. Molla il senso di colpa. Molla la paura. Molla le convinzioni e le idee binarie di giusto e sbagliato. Tutto ciò che di brutto può accadere, ci trasforma solo se noi ne diventiamo complici;
Canzone delle A. Sdraiati comodamente a terra. Accoccola le mani sulla pancia, sullo stomaco o sul cuore. Se sei a disagio in queste 3 posizioni, stendi le braccia lungo il corpo e lascia che i palmi delle mani guardino il cielo. Prendi fiato e svuota i polmoni seguendo e cantando una di queste "A" a tuo piacere. Se riesci, chiudi gli occhi. Lascia che la musica guidi la tu voce. Non è una gara di canto. Ti stai prendendo cura del tuo corpo e della tua anima; svuotali da ciò che non ti serve;
Meditazione della montagna. Questa meditazione ti aiuta a connetterti con le tue radici, i tuoi piedi, il tuo grounding. Una staticità necessaria ma non definitiva; le stagioni si susseguono e la montagna cambia forma ogni giorno. Non è mai la stessa, eppure è sempre lì come immobile.
Su un tema così complesso ti suggerisco una sola risorsa:
La pace è ogni passo. Thich Nhat Hanh ha questa capacità disarmante di rendere semplici anche le cose più complesse. E forse è proprio lo sforzo più grande che sto facendo in questo periodo: semplificare. Togliere il superfluo, stare nel presente. Questo libro non dà risposte facili, ma ti accompagna su un sentiero chiaro, illuminando, senza sconti, anche gli angoli più bui della coscienza.
Che percorso fa una goccia di pioggia?
Ci vediamo il 26 marzo. Grazie di esserci!