Ciao,
📖 Ho appena finito di leggere un libro complicato. Almeno per me. “La mente allargata” di Riccardo Manzotti. Un saggio che prova a spiegare perché la coscienza non sta nella nostra testa, ma è un tutt’uno con il mondo.
🧐 Non ci ho capito tutto, ed è una cosa che mi capita più spesso di quanto immagini.
Ma anni fa il Prof. Vincenzo Moretti, sociologo e narratore, mi disse:
“Anche se capisci solo il 30% di un libro, va bene lo stesso. È pur sempre il 30%.”
Così ho letto anche questo, senza l’ossessione di dover afferrare tutto.
E a pagina 108, ho trovato una frase che da sola vale il viaggio:
“Ricordare episodi passati della nostra vita è come guardare stelle lontane.”
🤯 Boom.
Quelle stelle ci sembrano lì, nel cielo di adesso. Ma la loro luce ha viaggiato per anni prima di arrivarci. Così anche quello che abbiamo dentro: arriva fuori con ritardo. A volte tiri fuori oggi qualcosa che si è acceso anni fa.
E ora entriamo in questo nuovo numero di People, like me e diamo il benvenuto al 16esimo ospite.
Parliamo di espressione. Di cosa significa riuscire a esprimersi, trovare una voce, un suono, una forma. Perché esprimersi, in fondo, è un modo per accorciare la distanza tra noi e le nostre stelle lontane.
Esprimere noi stessi non riguarda solo l’arte, ma la vita. Il modo in cui stai al mondo, in cui dici chi sei — nei gesti, nei lavori, nelle passioni e nei silenzi.
Quando ho proposto questo tema all’ospite di oggi, sono partito da una domanda che mi porto da tempo:
Cosa ci blocca, davvero, quando si tratta di esprimerci per quello che siamo?Non credo che l’espressività sia un talento, né una dote. È una storia.
Fatta di quello che ci hanno insegnato, delle frasi che ci hanno cucito addosso, dei ruoli in cui ci siamo lasciati incastrare.Molti di noi non sanno esprimersi con spontaneità. Abbiamo imparato a funzionare, a compiacere e a stare al nostro posto.
La spontaneità fa paura. Perché è una corrente: non sai dove ti porta. Ma è anche lì che succede la vita.Per questo ho chiesto a un pianista che conosco da quindici anni di parlarne con me. Qualche mese fa sono andato a sentirlo suonare dal vivo e durante la pausa ho pensato che mi sarebbe piaciuto chiedergli cosa significhi per lui lasciare uscire qualcosa che non è solo estetica, ma necessità.
Nella musica, come nella vita.
Questa newsletter arriva a 191 persone, +5 rispetto all’ultimo numero. Suggeriscila a un/a amico/a per far crescere il progetto.
Il 16esimo ospite è Lorenzo Campese: anima quieta con un’orchestra che si muove dentro.
Conosco Lorenzo da più di quindici anni. Ai tempi suonavo in una band Rhythm’n’Blues - eravamo in nove! - e a un certo punto Lorenzo si unì al gruppo.
Mi è sempre sembrato un folletto. Una di quelle creature dei boschi che ti fanno capire, con poche parole, che la realtà non finisce dove finisce la vista. Che puoi spingerti oltre, che puoi creare. In lui c’è sempre stato un pezzo di quella magia creatrice che non si lascia afferrare ma si lascia intuire.
Lorenzo è un pianista di grande energia. Nel luglio del 2022 gli succede una cosa che non aveva previsto: gli Incognito — sì, proprio la storica band inglese — devono suonare a Napoli, ma il tastierista rimane bloccato a Londra. Chiedono a lui di sostituirlo. Aveva immaginato un’estate tranquilla. Gli arriva addosso una scossa che cambia tutto. (Qui ti racconta cosa è successo quell’estate.)
Che Lorenzo non sia uno da risposte semplici, l’ho capito subito durante il lavoro di preparazione per questa chiacchierata.
Gli piaceva l’idea di parlare di espressività e il motivo per cui avevo scelto di parlarne con lui. Così gli ho mandato qualche ipotesi di titolo per il nostro tema. La sua risposta è stata secca:
“Perché vuoi per forza rinchiuderlo in un titolo? È così bello parlare di espressività. Se gli metti un’etichetta, rischi di spegnerla.”
Aveva ragione e così è stato.
Gli ho chiesto anche di presentarsi con la solita “targa da museo” — quella con cui chiedo sempre agli ospiti di descriversi in poche righe, come se fossero esposti nel Museo Storico della Specie Umana. Più sotto trovi la sua risposta. E ancora una volta ho capito che l’intuizione era giusta. Se volevo parlare di espressione autentica, di quella che rompe le formule e le rigidità, avevo bisogno di qualcuno che quelle formule le rifiutasse in partenza. Qualcuno che non cercasse la forma perfetta, ma il suono vero.
Guarda la chiacchierata con Lorenzo:
Siamo partiti a bomba. Lorenzo pretende precisione: le parole devono avere senso e radice. Così, seduta stante, va a cercare l’etimologia di “espressione”:
ex-primere, spremere fuori.
“Cioè, tipo che hai un succo dentro e lo devi far uscire.”
Perfetto. Tutto quello che serve per cominciare. Dalla nostra chiacchierata, mi porto a casa 5 cose, come le dita di una mano. Nessuna dice com’è giusto esprimersi. Tutte dicono cosa può accadere quando ci provi davvero.
1. Più ti senti fuori posto, più cerchi una voce
Certe emozioni non riesci a spiegarle. Sono troppo piene e ingombranti. Ti si gonfiano dentro come un pallone che non scoppia mai. A dieci anni, Lorenzo sente una canzone che gli entra in testa e non riesce a smettere di ascoltarla. Poi si siede al pianoforte e la suona. Non per imitarla ma per urgenza di dare forma a qualcosa che non riesce a dire.
“Quanto più il mondo reale ti rende infelice o non ci sai avere a che fare, più ti butti in un mondo in cui l’espressività è sotto altre forme.”
Il mondo esterno, per Lorenzo, era spesso troppo vuoto, troppo ostile.
Le sue emozioni, invece, erano piene. Vaste. Reali. Così si è accorto che la sua forma di espressione viene fuori da un disagio.
“In quei momenti lì, era più vero il Fa minore che la mia malinconia per un’altra persona.”
Esprimersi non era un atto creativo. Era un modo per restare in piedi e per non sentirsi scomparire.
2. Senza scopo non ti muovi
Uno scopo, se è vero, ti sblocca. Ti muove. Ti cambia.
La musica, per Lorenzo, è stata questo: una lente per guardarsi.
Mi ha fatto vedere come trattavo il mio corpo: male. Male quando camminavo, male quando mangiavo, male quando respiravo.”
Senza musica non l’avrebbe mai notato. E allora lo scopo non è un obiettivo: è un mezzo per restare svegli. Quando ce l’hai, ti tiene su.
Tutti parlano di passione. Quasi nessuno ti dice che, senza una direzione, anche la passione si spegne.
3. Il corpo dice la verità
La mente mente. Il corpo no.
Se stai seduto storto, se sei contratto, se non sei presente… non suoni oppure suoni male. Perché il corpo è il primo strumento espressivo che abbiamo. Ed è anche quello che ci tradisce se lo trascuriamo.
Lorenzo dice che, suonando, ha imparato a sentirsi. A notare anche i più piccoli scarti. Le tensioni inutili e le resistenze. E questo vale per tutto. Non puoi esprimerti se non ascolti il corpo. O meglio: puoi farlo, ma sarà una copia sbiadita di quello che sei.
“Se cerchi di costruire mentalmente la versione perfetta delle note che vuoi far uscire, ma intanto sei seduto male o non sei davvero lì… quelle idee non escono. Restano incastrate. Il tuo stesso corpo ti ostacola.”
4. Ti esprimi solo se ti riconosci
Chi non si conosce, copia. Chi si riconosce, crea.
Finché non sai chi sei davvero, ti affidi a ciò che già esiste. A modelli, a maschere, a forme preconfezionate. Ti aggrappi a ciò che funziona per gli altri, sperando che funzioni anche per te.
Creare, invece, è riconoscere qualcosa che ti abita. È scavare. È farsi male, se serve. È togliere il superfluo finché non resta che l’essenziale: qualcosa che ti somiglia, qualcosa che non c’era prima.
“La musica mi ha validato le emozioni che provavo.”
5. Senza qualcuno che ti protegge, resti zitto
Per un adolescente, sentirsi parte è una condizione di sopravvivenza. Se il branco ti esclude, ti senti difettoso e vuoto. Quindi o ti adatti o ti chiudi o implodi.
Per questo servono adulti che ti dicano: “Vai bene così”. Persone che ti proteggano, che ti vedano e che validino il tuo casino.
“Bisogna trovare qualcuno che validi la tua urgenza creativa di bambino.”
Altrimenti niente si apre. Rimani nei tuoi schemi. Che sono comodi, sì, ma pure asfissianti. E ti convinci che esprimersi è per gli altri. Per quelli bravi. Per quelli sicuri.
Invece no. Espressione è verità che spreme e viene fuori. Anche se fa paura.
Anche se non suona bene.
Grazie a “People, like me” ho aperto un canale YouTube e Spotify:
🔍 RISORSE
Un solo link di Lorenzo:
Incognito - Brazilian Love Affair: live dal Pescara Jazz Festival nel 2022.
Ed ecco le mie risorse:
Se hai voglia di cambiare davvero la tua visuale, usa questo: apri a caso una webcam da una finestra in giro per il mondo;
Ho scoperto questa linea di t-shirt interamente dedicate al mondo della montagna e della natura (di cui sono un grande appassionato);
La mia passione per la nascita e l’evoluzione delle diverse lingue presenti sul pianeta Terra è nata all’Università grazie a fantastici docenti. Questo sito raccoglie tutto quello che c’è da sapere sulle lingue del mondo;
La scuola resta un avamposto fondamentale della nostra società, dove si giocano i diritti fondamentali. In Italia il tempo a scuola e della scuola è gestito ancora in maniera molto approssimativa.
👉 Cosa perdiamo quando i telefoni ci tolgono la noia e il tempo interstiziale.
Ci vediamo il 9 luglio. Grazie di esserci!